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Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze (a.a. 2001-02 e 2002-03) e presso il Corso
Commissario: Andrea Pinotti
CANDIDATO: PLESCIA Giacinto
Il dott. arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su argomenti relativi ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (intitolata Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è in alcun modo pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa; la seconda (intitolata Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Fabrizio Desideri
Dopo essersi laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità, il dott. arch. Giacinto Plescia ha frequentato tra il 2003 e il 2007 corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso l’Università di Firenze. Il dott. Plescia dichiara anche di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, e tuttavia su argomenti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione. Solo unitamente alla domanda, e non con plico separato, ha inviato due articoli, il primo dei quali, Ontologia della physis, non risulta pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione; il secondo, Archematica della distopia, non risulta pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, e risulta inoltre scritto in collaborazione con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Salvatore Tedesco
Il dott. arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 con una tesi in Analisi e modelli matematici dal titolo
disciplinare della presente valutazione comparativa; la seconda (intitolataPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su argomenti relativi ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (intitolata Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è in alcun modo pertinente all’ambito Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che sia possibile discernere il contributo individuale del candidato.
Commissario: Andrea Pinotti
GIUDIZI COLLEGIALI
CANDIDATO: ARIEMMA Tommaso
Il dottor Tommaso Ariemma si è laureato nel 2003 in Filosofia Morale con una tesi dal titolo
Per tutti questi motivi le pubblicazioni del dott. Ariemma, pur avviate verso la definizione di un interessante ambito di ricerca e tematicamente congruenti con il settore scientifico-disciplinare M-Fil/04 (Estetica), danno prova di uno studioso promettente, ma ancora in fase di formazione.Fenomenologia dell’estremo, presso l’Università di Napoli Federico II. Nel 2007 ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Parma con una tesi dal titolo Logica della singolarità, antiplatonismo e ontografia in Deleuze, Derrida, Nancy. Risulta titolare di una borsa di studio presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. Dal 2004 al 2007 è stato cultore di Estetica e quindi di Ermeneutica e Filosofia del Linguaggio presso l’Università di Napoli Federico II. Ha svolto attività editoriale. Annovera nel suo curriculum numerose pubblicazioni, tra libri, saggi e articoli. Per la presente valutazione comparativa indica 11 pubblicazioni: 3 libri e 8 tra schede, articoli e saggi su riviste e contributi a volumi collettanei.Fenomenologia dell’estremo. Heidegger, Rilke, Cézanne, Mimesis, Milano 20005; Il nudo e l’animale. Filosofia dell’esposizione, Editori Riuniti, Roma 2006; Il senso del nudo, Mimesis, Milano 2007 sono i titoli delle tre monografie, la più impegnativa delle quali è senz’altro la prima, dedicata alla questione dell’eccedenza dell’essere a partire da Heidegger, letto soprattutto attraverso il filtro del decostruzionismo di Derrida. Il campo della riflessione filosofica è produttivamente posto in relazione con la poesia di Rilke e la pittura di Cézanne. Alcuni dei temi presenti nella monografia, e in specie quello dell’animalità e quello della temporalità fra Husserl e il pensiero francese contemporaneo (Merleau-Ponty, Henry, Bataille, Derrida, Deleuze, Nancy) sono oggetto di ulteriore riflessione sia nelle due successive monografie che in alcuni dei contributi più brevi. Il tentativo è quello di enucleare un’estetica della corporeità (colta nel suo presentarsi innanzitutto come nudità e animalità) che intende collocarsi al di fuori della tradizionale riflessione sul corpo elaborata dalla cosiddetta metafisica occidentale. Si apprezza la fedeltà della ricerca ad alcune tematiche (nudo/animalità, la pittura e la temporalità), che qualifica quella del candidato come una prospettiva intellettualmente vivace. Si rilevano tuttavia qualche approssimazione nell’accertamento filologico e qualche fragilità nell’approfondimento testuale. Non sempre chiaramente individuabili risultano infine, nella ricchezza delle citazioni riportate, le posizioni critiche del candidato.
CANDIDATO: CANTELLI Chiara
La dott.ssa Chiara Cantelli si è laureata in Filosofia nel 1991 presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi dal titolo "L’estetica di Solov’ev"; nel 1997 ha conseguito presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna il titolo di Dottore di Ricerca in Filosofia (Estetica) con la dissertazione
(
Per quel che poi concerne il profilo scientifico-didattico della candidata, risultano degni di rilievo: 1) l’attività svolta in qualità di assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze per il periodo marzo 2001-marzo 2003; 2) le prestazioni di servizio con la qualifica di ricercatore a tempo determinato per i periodi dal 1 ottobre 2005 al 30 settembre 2006, dal 1 ottobre 2006 al 30 settembre 2007 e dal 1 febbraio 2008 ad oggi per lo svolgimento delle seguenti ricerche (in ordine): "Il pensiero filosofico-religioso russo tra Otto e Novecento e le teorie estetiche delle avanguardie russe" e "Platonismo e fenomenologia nella filosofia russa del Novecento, con particolare riferimento al rapporto tra forma, immagine ed opera d’arte"; 3) le attività seminariali tenute presso il Corso di Laurea in Filosofia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze (a.a. 2001-02 e 2002-03) e presso il Corso di Laurea in Educatore professionale della Facoltà di Scienze della Formazione della medesima Università (a.a. 2004-05, 2005-06 e 2007-08); 4) la responsabilità del Laboratorio di Estetica all’interno del Corso di Laurea in Educatore professionale della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze per gli a.a. 2004-05, 2005-06 e 2007-08.
Per tutti i motivi qui addotti la dott.ssa Chiara Cantelli presenta un profilo scientifico-didattico articolato e maturo, nonché pienamente congruente con il settore scientifico-disciplinare M-Fil/04 (Estetica).Simbolo e mito in Vja?eslav Ivanovi? Ivanov: Parola e immagine nel simbolismo russo. Dal punto di vista della produzione scientifica, ai fini del Concorso in oggetto la dott.ssa Cantelli presenta: 2 volumi monografici dedicati rispettivamente alla dimensione estetica del pensiero di Solov’ev (La bellezza salverà il mondo. Saggio su Vladimir S. Solov’ev, CUEM, Milano 1996) e di Ivanov (Simbolo e icona. Estetica e filosofia pratica nel pensiero di Vja?eslav I. Ivanov, Pendragon, Bologna 2000); un volume introduttivo a carattere antologico sul rapporto tra filosofia ed espressione artistica (La filosofia e l’espressione artistica, Loescher, Torino 2006); le parti da lei scritte di un volume dedicato alla ricostruzione complessiva dell’estetica occidentale Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, Carocci, Roma 2008) del quale è coautrice insieme a Fabrizio Desideri (in dettaglio i capp. 1-4, nonché diversi §§ dei capp.5-7); 8 tra saggi e articoli apparsi in riviste e in volumi collettanei, tutti dedicati a sondare temi e problemi di assoluta rilevanza per la comprensione del pensiero estetico russo tra Otto e Novecento (dalla questione della corporeità nella sofiologia russa all’importanza della rivalutazione teologico-filosofica dell’icona da parte di Bulgakov e Florenskij per lo sviluppo delle avanguardie artistiche russe, in particolare del costruttivismo). Come dimostrano ampiamente le due già citate monografie dedicate rispettivamente a Solov’ev e ad Ivanov, la dott.ssa Cantelli ha approfondito con coerenza di sviluppi e maturità di risultati un filone di studi, quello relativo alla dimensione estetica del pensiero sofianico russo, che nel panorama scientifico-accademico italiano può vantare ben pochi specialisti. Tra questi ultimi si inserisce a pieno titolo la produzione della candidata, non solo per la capacità di scandagliare opere concettualmente complesse come quelle di Solov’ev, Ivanov, Florenskij e Fëdorov (chiarendone sia il necessario sfondo teologico sia la radice platonica e neoplatonica), ma anche per la sensibilità che dimostra nel mettere in correlazione le nozioni estetico-filosofiche al centro della speculazione dei suddetti autori (in particolare quelle di simbolo, di immagine e di opera d’arte) con le nuove forme artistiche delle avanguardie russe. Seppur la prova più matura per la ricchezza di riferimenti critici alla letteratura secondaria (spesso disponibile solo in lingua russa) e la compiutezza del quadro analitico-interpretativo sia a tale proposito la monografia dedicata ad Ivanov, particolarmente apprezzabile risulta già il primo volume sul pensiero di Solov’ev, che offre anche un quadro particolarmente convincente dei presupposti estetico-filosofici del formalismo astratto. Spiccata sensibilità estetologica la candidata dimostra inoltre in saggi come La profezia dell’opera d’arte assoluta. Estetica e cosmologia in Nikolaj F. Fëdorov (2003) eL’oggetto artistico nelle avanguardie russe: tra icona e costruttivismo (2006). Se per questa direzione della sua ricerca la dott.ssa Cantelli inserisce i suoi studi nell’orizzonte tematico-disciplinare dell’Estetica, va senz’altro aggiunto che lo fa non trascurando contesti e problematiche storico-filosofiche più generali, come dimostra in particolare l’ampia voce "Russia" scritta per l’Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano 2006) e dedicata ad una ricostruzione complessiva del pensiero filosofico russo dalle sue origini fino agli anni ’90 del secolo scorso. Come confermano poi i capp. 1-4 della citata Storia dell’estetica occidentale (riguardanti gli sviluppi del pensiero estetico prima della nascita di un’Estetica in senso proprio: dall’antichità greca e romana fino all’età barocca) nonché i paragrafi dedicati a temi settecenteschi o ad autori otto- e novecenteschi come Schopenhauer, Kierkegaard, Lukács, Bloch, Marcuse, la produzione scientifica della dott.ssa Cantelli si muove con agio, puntualità filologica e originalità di prospettive analitico-ricostruttive non solo nell’ambito specialistico dell’estetica russa otto-novecentesca, ma anche in quello più ampio della storia del pensiero estetico nel suo complesso.
CANDIDATO: PLESCIA Giacinto
Il dottor arch. Giacinto Plescia si è laureato in Architettura presso il Politecnico di Torino nel 1979 discutendo una tesi in Analisi e modelli matematici dal titoloPer la critica della (non)Neutralità della scienza – per una teoria dell’inneutralità. Ha frequentato tra il 2003-04 e il 2006-07 due corsi di perfezionamento in Scienza ed epistemologia e un corso di Perfezionamento in Estetica ed ermeneutica delle forme simboliche presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dichiara di aver partecipato a diversi progetti di ricerca e concorsi presso il CNR e altri enti, su tematiche relative ad ambiti non pertinenti al settore scientifico-disciplinare oggetto di questa valutazione comparativa. Unitamente alla domanda, e non in separato plico, ha inviato due pubblicazioni: la prima (dal titolo Ontologia della physis), che costituisce la tesi per il corso di perfezionamento in Filosofia dell’anno 2003-04, non è pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa e comunque oscura nel dettato; la seconda (intitolata Archematica della distopia), oltre a non essere pertinente all’ambito disciplinare della presente valutazione comparativa, è inoltre scritta con altri coautori senza che si possa individuare lo specifico contributo individuale del candidato.
VALUTAZIONE DEGLI ELABORATI DELLA PRIMA PROVA SCRITTA
L’elaborato svolge assai succintamente, seppur in maniera pertinente, il tema della genesi del sublime moderno nell’estetica del Settecento. Il nome di Burke è appena evocato, e assai scarna risulta la trattazione del sublime in Kant. In questi limiti, il dettato è chiaro e l’esposizione corretta. Manca qualsiasi riferimento sia alla differenza fra sublime antico e moderno, sia al motivo della genesi di quest’ultimo. In assenza di questi elementi di approfondimento, la trattazione è scarsamente originale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione è piuttosto scarna, decisamente manualistica e fondata piuttosto riduttivamente su una lettura elementare delle origini della disciplina estetica, e per quel che riguarda nello specifico la questione del sublime in modo quasi esclusivo su Burke (del quale è offerta una lettura assai scarna), sul Kant della Terza Critica e la sua ripresa in Schiller; l’esposizione, con questi limiti, è tuttavia chiara e ordinata.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato presenta un’architettura ordinata e si caratterizza per un’esposizione chiara dell’argomentazione. Questa è tuttavia solo parzialmente pertinente rispetto al tema assegnato su "La genesi del sublime moderno nell’estetica del Settecento", poiché carente nell’illustrazione del momento genetico del sublime moderno nei confronti del sublime antico (manca un approfondimento dei rapporti della cultura estetica settecentesca con l’antico trattato pseudo-longiniano), ed eccessivamente sintetica: gli autori trattati risultano essere solo Burke, Kant e Schiller, e le rispettive teorie del sublime sono più tratteggiate che non analizzate. Si avverte la mancanza di un più ampio riferimento al complesso dibattito settecentesco sulla questione del
sublime. Nel complesso lo scritto, privo di una sua originalità interpretativa, sconta i limiti di un approccio manualistico e l’assenza di un approfondimento storico-critico.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 2
La trattazione non è sempre pertinente al tema proposto, in quanto affronta la questione del sublime più in maniera speculativa che storico-critica. Per di più l’esposizione difetta di chiarezza e di sviluppo argomentativo. L’originalità è cercata più nello stile evocativo che nelle tesi sostenute, peraltro difficili da enucleare nella loro articolazione concettuale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
Dopo aver individuato, piuttosto brevemente, alcuni dei referenti antichi e moderni della questione del sublime, la trattazione vira decisamente verso un dettato affidato prevalentemente a una prosa evocativa, alquanto scarna nelle analisi effettivamente proposte. Proprio il carattere allusivo e pieno di suggestione della trattazione ne inficia alquanto la chiarezza espositiva, senza peraltro apportare significativi contributi di approfondimento teorico.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
Il dettato è spesso di difficile comprensione a causa di una scrittura suggestiva, ma non circostanziata e supportata da analisi testuali. Pur elencando le caratteristiche che tradizionalmente accompagnano l’esperienza del sublime, quest’ultima è trattata soprattutto nelle sue origini antiche (Pseudo-Longino) e alla luce di autori novecenteschi (in particolare attraverso il filtro della terminologia ontologica di Heidegger), mentre manca, a parte un iniziale e finale fuggevole riferimento a Kant, ogni riferimento agli autori settecenteschi, come richiesto dal titolo del tema: ciò rende l’elaborato solo parzialmente pertinente rispetto al tema assegnato. La competenza scientifica della trattazione appare decisamente fragile.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 3
L’elaborato sviluppa il tema proposto delineando un quadro coerente e bene articolato della genesi del sublime moderno. Dopo aver richiamato la concezione antica del sublime espressa nel trattato dello Pseudo-Longino, viene analizzata la trasformazione di questo concetto a partire dalla traduzione secentesca di tale opera da parte di Boileau; a questo proposito, ampio spazio viene dato alla fortuna che la tematica del sublime conobbe nella filosofia e più in generale nella cultura inglese del Settecento: da Dennis, a Addison, alla cruciale opera di Burke, analizzata nella ricchezza delle sue articolazioni ed in particolare nell’opposizione fra bello e sublime che la connota. Tale opposizione è quindi ripresa nella parte conclusiva dell’elaborato, dove si affronta la posizione kantiana, della quale si mette bene in luce come il sublime non riguardi più la natura fuori di noi, ma un sentimento dell’animo umano: quello della nostra dignità morale e della nostra destinazione sovrasensibile. L’esposizione è sempre caratterizzata da chiarezza argomentativa, e dimostra una solida preparazione storica e buone doti di approfondimento teorico originale.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione, ampia, ricca e ben informata, muove dalle origini antiche della questione del sublime, illustra i caratteri della "riscoperta" del trattato longiniano da parte di Boileau, e procede quindi verso l’estetica settecentesca. Convincente l’analisi del dibattito inglese, da Dennis, a Addison, oggetto di una lettura approfondita, a Baillie e Akenside, alla svolta decisiva costituita attorno alla metà del secolo da Burke, la cui teoria del sublime è letta per un verso sullo sfondo delle analisi storiche sin lì condotte, per l’altro attraverso una messa in parallelo della
tematizzazione del bello e del sublime. L’analisi procede ulteriormente con la disamina della posizione kantiana, analisi anch’essa condotta con piglio sicuro. In conclusione la trattazione è chiara, ricca e ordinata, scientificamente assai valida e senz’altro piacevole alla lettura.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato, di ampio respiro storico-critico, analizza approfonditamente le vicende della categoria del sublime dalle origini antiche nel trattato dello Pseudo-Longino fino agli esiti tardo-settecenteschi kantiani. L’arco temporale esaminato permette un confronto convincente fra sublime antico e moderno: quest’ultimo è colto nel suo nascere contemporaneamente al costituirsi dell’estetica come disciplina autonoma. A tal riguardo, muovendo dall’interpretazione tardo-seicentesca di Boileau e dai rapporti del sublime con il bello nella tradizione classicistica, si segue il progressivo svincolarsi del concetto di sublime dalla tradizione retorico-stilistica. Dopo aver dedicato particolare attenzione all’ambito britannico (Dennis e Addison interpreti del
GIUDIZI COLLEGIALI
ELABORATO N. 1Paradiso perduto di Milton, ed Edmund Burke, di cui vengono illustrati la differenziazione fra pleasure e delight e la concezione del terribile), lo scritto si conclude sottolineando l’esito kantiano di questa parabola, contrassegnato da un fondamentale equilibrio fra potenziamento e depotenziamento. Sotto il profilo della pertinenza al tema assegnato, della competenza scientifica e dell’originalità della trattazione, l’elaborato si rileva pienamente soddisfacente. Commissario dott. Andrea Pinotti La trattazione è piuttosto scarna, limitandosi a citare l’opera di Burke senza analizzarne le scansioni concettuali relative all’opposizione fra bello e sublime. Appena manualistico è poi l’esame del sublime nella Terza Critica di Kant. Manca infine un’illustrazione del momento genetico del sublime moderno nei confronti del sublime antico. Nel quadro di questi limiti l’esposizione è comunque chiara e ordinata. L’elaborato risulta nel complesso solo parzialmente pertinente al tema assegnato, rivela una limitata competenza scientifica, ed è scarsamente originale sotto il profilo storico-critico.
ELABORATO N. 2La trattazione non è sempre pertinente al tema proposto, in quanto affronta la questione del sublime più in maniera speculativa che storico-critica. L’esposizione manca di chiarezza e non è supportata da adeguate analisi testuali. Manca, a parte un iniziale e finale riferimento a Kant, ogni riferimento agli autori settecenteschi, come richiesto dal titolo del tema. Nel complesso l’elaborato risulta carente sul piano della competenza scientifica e privo di originalità interpretativa.
ELABORATO N. 3L’elaborato sviluppa il tema proposto delineando un quadro coerente e bene articolato della genesi del sublime moderno. L’esposizione è caratterizzata da chiarezza argomentativa e dimostra un’ottima competenza scientifica quanto all’oggetto trattato. Il quadro storico delineato è di ampio respiro, muovendo dalla riflessione antica, mostrandone analogie e differenze con l’impostazione moderna, ed esaminando nel dettaglio il dibattito da Boileau a Dennis, da Addison a Burke. Molto pertinente risulta essere la parte dedicata a Kant. Per questi motivi l’elaborato rivela una solida preparazione storica e buone doti nell’approfondire in maniera originale l’argomento assegnato.
VALUTAZIONE DEGLI ELABORATI DELLA SECONDA PROVA SCRITTA
Il tema è svolto in maniera solo in parte pertinente, non venendo concettualmente articolata la questione della dimensione cognitiva o meno del giudizio estetico. Si tratta per lo più di una rassegna di posizioni contemporanee, da Garroni a Stiegler, intorno al nesso fra estetica, ontologia e tecnica. Nessun riferimento esplicito vi è alla tesi kantiana relativa al giudizio estetico come anticipazione della forma di una conoscenza in generale. Interessante ma non adeguatamente sviluppata l’opposizione fra orientamento disorientamento del pensiero. Sotto il profilo dell’originalità, la trattazione è carente. Non risulta chiara, ed è per di più slegata dal resto della trattazione, l’affermazione conclusiva secondo cui il nesso fra giudizio estetico e cognizione andrebbe visto alla luce di una filosofia dell’esposizione.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione affronta la Terza Critica e più in generale la riflessione kantiana attraverso alcune recenti letture italiane e francesi. La rassegna è essa stessa piuttosto carente, e solo parzialmente aderente al tema proposto; la continua alternanza fra i diversi riferimenti rende l’esposizione poco chiara, e scarsamente evidente la proposta di una tesi interpretativa coerente.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
L’elaborato offre una sintesi, limitata al panorama italiano e francese, delle principali posizioni del dibattito filosofico degli ultimi decenni intorno alle implicazioni cognitive e ontologiche dell’estetica kantiana. Pur dimostrando un’apprezzabile capacità nell’esaminare le differenti posizioni, non appaiono sempre nettamente individuabili la tesi interpretativa e la corrispondente prospettiva critica dell’autore dell’elaborato rispetto alle tesi altrui, soprattutto considerando che il concetto di "filosofia dell’esposizione" (con cui si chiude la trattazione e al quale l’elaborato sembrerebbe affidare la propria tesi) non viene chiaramente esplicitato e argomentato, e ciò impedisce pertanto di accertare un’eventuale originalità di tale posizione. Non adeguatamente focalizzata risulta infine la relazione fra giudizio estetico e cognizione: ciò rende l’elaborato non pienamente pertinente rispetto al tema assegnato.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 2
La trattazione non è pertinente al tema assegnato, l’esposizione manca di chiarezza e di articolazione concettuale, ripetendo termini filosofici come "episteme", "parousia", "logos", "Gegenstand", più evocandone la suggestione che articolandone i concetti. Piuttosto che sviluppare il rapporto fra giudizio estetico e cognizione, si evoca il tema del sublime kantiano, e la differenza stabilita dallo stesso Kant fra bellezza libera e aderente. In una trattazione che dimostra scarsa competenza riguardo al tema trattato non si può di conseguenza parlare di originalità.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
La trattazione non è coerente col tema proposto. Il dettato si riduce a una variazione su alcuni temi fissi, scelti per il loro potere evocativo e più volte iterati, piuttosto che autenticamente approfonditi e fatti oggetto di analisi critica. Assai scarsa la competenza scientifica mostrata, e addirittura non valutabile l’originalità teorica, in assenza di qualsiasi presa in carico dei temi proposti dalla traccia assegnata.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
La trattazione, caratterizzata da un linguaggio evocativo e da un oscuro gergo filosofico, ridondante di termini tecnici appartenenti alla lingua greca e tedesca non adeguatamente giustificati, rende impossibile l’accertamento di una sufficiente competenza scientifica e di un’eventuale originalità
delle posizioni assunte. Sotto il profilo della pertinenza rispetto al tema assegnato, relativo al giudizio estetico e alle sue implicazioni cognitive, l’elaborato è del tutto inadeguato.Commissario dott. Andrea Pinotti
ELABORATO N. 3
La trattazione è pienamente pertinente al tema, sviluppando la questione del rapporto fra giudizio estetico e cognizione a partire dall’emergere settecentesco dell’estetica come dimensione autonoma del discorso filosofico, con riferimenti puntuali sia all’empirismo di Hume, sia al razionalismo di Baumgarten. Gran parte dell’elaborato analizza quindi la posizione kantiana, mettendo bene in luce nella complessità delle sue articolazioni la tesi secondo la quale nel giudizio estetico è anticipata la forma di una conoscenza in generale. Tale tesi viene quindi sviluppata con originalità in direzione dell’esteticità implicita presupposta in ogni comprendere. Interessanti e pertinenti i riferimenti alla nozione di sopravvenienza estetica sviluppata nell’ambito dell’estetica analitica e a quella di spazio estetico definita da Cassirer. L’esposizione è chiara nel dettato e perspicua nelle sue articolazioni concettuali.Commissario Prof. Fabrizio Desideri
Il candidato attraversa in modo intelligente e maturo il pensiero filosofico del Settecento, da Hume, al razionalismo tedesco, a Kant, considerato quale punto di arrivo del dibattito del suo secolo. La posizione kantiana, come già quella di Hume, viene analizzata in modo penetrante e persuasivo nella relazione fra oggettività del giudizio conoscitivo e soggettività del giudizio di gusto e nelle implicazioni che ne seguono quanto al carattere riflessivo del giudizio estetico, anticipazione di una conoscenza in generale. L’esposizione è chiara e piacevole, dimostra buona competenza nella sua impostazione metodica, e originalità sul piano teorico.Commissario Prof. Salvatore Tedesco
La trattazione, caratterizzata da un ampio respiro storico-critico e da una notevole capacità di approfondimento teorico, prende le mosse da alcune figure fondamentali del pensiero settecentesco (come Hume, Baumgarten, Kant) per confrontarne le rispettive modalità di istituire una relazione fra giudizio estetico e cognizione. Particolare attenzione è dedicata a uno scrupoloso esame del tema assegnato nel contesto della dottrina estetica kantiana: l’elaborato enuclea in modo efficace ed originale le differenze fondamentali fra giudizio estetico e giudizio teoretico-conoscitivo e illumina con sicura competenza la questione della bellezza aderente. Altresì convincenti risultano i riferimenti a cruciali momenti del dibattito contemporaneo, quali Cassirer e alcuni aspetti dell’estetica analitica.Commissario dott. Andrea Pinotti
GIUDIZI COLLEGIALI
ELABORATO N. 1
esplicitato e argomentato, e impedisce pertanto di accertare un’eventuale originalità di tale posizione.Il tema è svolto in maniera solo in parte pertinente, non venendo concettualmente articolata la questione della dimensione cognitiva o meno del giudizio estetico. La trattazione affronta la Terza Critica e più in generale la riflessione kantiana attraverso alcune recenti letture italiane e francesi. La rassegna è essa stessa piuttosto carente, e solo parzialmente aderente al tema proposto. Nessun riferimento esplicito vi è alla tesi kantiana relativa al giudizio estetico come anticipazione della forma di una conoscenza in generale. Non appaiono sempre nettamente individuabili la tesi interpretativa e la corrispondente prospettiva critica dell’autore dell’elaborato rispetto alle tesi altrui, soprattutto considerando che il concetto di "filosofia dell’esposizione" (con cui si chiude la trattazione e al quale l’elaborato sembrerebbe affidare la propria tesi) non viene chiaramente
ELABORATO N. 2
La trattazione non è pertinente al tema assegnato, l’esposizione manca di chiarezza e di articolazione concettuale. Assai scarsa la competenza scientifica mostrata, e addirittura non valutabile l’originalità teorica, in assenza di qualsiasi sviluppo adeguato del rapporto tra cognizione e giudizo estetico.ELABORATO N. 3
La trattazione è pienamente pertinente al tema, sviluppando la questione del rapporto fra giudizio estetico e cognizione a partire dal delinearsi nel Settecento dell’estetica come dimensione autonoma della filosofia, con riferimenti puntuali sia all’empirismo di Hume, sia al razionalismo di Baumgarten. La posizione kantiana viene analizzata in modo penetrante e persuasivo nella relazione fra oggettività del giudizio conoscitivo e soggettività del giudizio di gusto e nelle implicazioni che ne seguono quanto al carattere riflessivo del giudizio estetico, anticipazione di una conoscenza in generale. Interessanti risultano i riferimenti a cruciali momenti del dibattito contemporaneo, quali Cassirer e alcuni aspetti dell’estetica analitica. L’esposizione è chiara sia nel dettato sia nelle sue articolazioni concettuali. Nel complesso l’elaborato dimostra un’ottima competenza scientifica circa il tema affrontato, e rivela un originale impianto interpretativo.OMISSIS
la commissione apre le buste piccole e constata che:
gli elaborati n. 1 appartengono al sig. ARIEMMA Tommaso gli elaborati n. 2 appartengono al sig. PLESCIA Giacinto gli elaborati n. 3 appartengono alla sig.ra CANTELLI ChiaraOMISSIS
PROVA ORALE
GIUDIZI INDIVIDUALI
CANDIDATO ARIEMMA TOMMASO
Il candidato risponde in maniera chiara e pertinente alla prima domanda. Apprezzabile lo sforzo di spiegare la nozione di "filosofia dell’esposizione". La risposta alla seconda domanda non è sempre pertinente e denota poca dimestichezza con l’opera di Burke. Migliore la risposta relativa a Kant. Nella risposta alla terza domanda il candidato dà prova dei suoi interessi relativi ai più recenti dibattiti sul rapporto tra neuroscienze ed estetica, ma non chiarisce del tutto il nesso tra animalità e sensibilità in una prospettiva estetologica. Commissario prof. Desideri Fabrizio
Il candidato risponde in maniera soddisfacente al primo quesito, pur con qualche lacuna nelle giustificazioni argomentative delle proprie posizioni; risponde in modo piuttosto vago a proposito della teoria del sublime di Burke; risponde infine in modo solo parzialmente pertinente all’ultima questione.Commissario prof. Tedesco Salvatore
Alla prima domanda il candidato risponde in modo pertinente, esplicitando il senso dei concetti di "fenomenologia dell’estremo" e di "filosofia dell’esposizione"; rivela nella risposta alla seconda domanda lacune storico-critiche specie relativamente al pensiero estetico del Settecento inglese;
argomenta in modo soddisfacente riguardo al terzo quesito, anche se non sempre chiaramente individuabile è la sua posizione teorica rispetto alle dottrine dell’animalità cui egli fa riferimento.Commissario dott. Pinotti Andrea CANDIDATA CANTELLI CHIARA
La candidata risponde in maniera pertinente e chiara alla prima questione, ben argomentando il rapporto tra la concezione del simbolo di Ivanov e quella di Florenskij e dimostrando ottima competenza scientifica in merito; la risposta alla seconda domanda è ben articolata ed efficace; quanto al terzo quesito, la candidata mostra una approfondita consapevolezza storico-critica dei complessi rapporti intercorsi tra teologia e filosofia dell’icona e avanguardie artistiche nella Russia del primo Novecento. Commissario prof. Desideri Fabrizio
La candidata risponde in modo preciso e ben argomentato a tutti i quesiti, offrendo una convincente analisi della teoria dell’icona e del simbolo in Ivanov e Florenskij e dei rapporti con le avanguardie russe; nella risposta alla seconda domanda delinea con chiarezza e competenza il ruolo dell’immaginazione nel pensiero estetico kantiano.Commissario prof. Tedesco Salvatore
La candidata illustra con ampiezza di riferimenti e notevole capacità analitica le analogie e differenze tra Ivanov e Florenskij, come richiesto dal primo quesito; nella seconda risposta si diffonde in una disamina approfondita del ruolo giocato dall’immaginazione nell’estetica kantiana; tratteggia nella terza risposta in modo convincente i complessi rapporti tra arte sacra e avanguardie russe del primo Novecento.Commissario dott. Pinotti Andrea
CANDIDATO PLESCIA GIACINTO
Il candidato risponde in maniera vaga alla prima questione, non chiarendo cosa intenda per "ontologia della physis"; rispetto alla seconda domanda la risposta è stata solo parzialmente pertinente; nella terza domanda il candidato ha rivelato gravi lacune storico-critiche circa l’opera platonica in relazione alla questione della bellezza. Commissario prof. Desideri Fabrizio
Il candidato risponde al primo quesito ricorrendo in maniera allusiva ed evocativa ad una terminologia non sufficientemente padroneggiata; non coglie in modo sufficiente il senso delle relazioni fra sublime antico e moderno; infine risponde in modo del tutto insufficiente al terzo quesito.Commissario prof. Tedesco Salvatore
Nel rispondere alla prima domanda il candidato non esamina con sufficiente chiarezza argomentativa il rapporto fra estetica e ontologia; nella seconda risposta si rilevano imprecisioni relativamente alla teoria pseudo-longiniana e kantiana del sublime; quanto alla terza domanda, il candidato mostra una lacunosa conoscenza dei dialoghi platonici relativi alla filosofia del bello.Commissario dott. Pinotti Andrea
GIUDIZI COLLEGIALI
CANDIDATO ARIEMMA TOMMASO
spiegare la nozione di "filosofia dell’esposizione"; rivela nella risposta alla seconda domanda lacune storico-critiche specie relativamente al pensiero estetico del Settecento inglese; nella risposta alla terza domanda il candidato dà prova dei suoi interessi relativi ai più recenti dibattiti sul rapporto tra neuroscienze ed estetica, ma non chiarisce del tutto il nesso tra animalità e sensibilità in una prospettiva estetologica.Il candidato risponde in maniera chiara e pertinente alla prima domanda. Apprezzabile lo sforzo di
CANDIDATA CANTELLI CHIARA
La candidata articola in maniera pertinente e chiara la prima questione, dimostrando ottima competenza scientifica nell’esporre il rapporto tra la concezione del simbolo di Ivanov e quella di Florenskij; nella seconda risposta affronta efficacemente il ruolo giocato dall’immaginazione nell’estetica kantiana; quanto al terzo quesito la candidata mostra una matura consapevolezza storico-critica dei complessi rapporti intercorsi tra teologia e filosofia dell’icona e avanguardie artistiche nella Russia del primo Novecento. Nel complesso la candidata risponde con chiarezza, competenza e originalità di argomentazione a tutte le domande poste.CANDIDATO PLESCIA GIACINTO
Il candidato risponde in maniera vaga alla prima questione, non chiarendo cosa intenda per "ontologia della physis"; rispetto alla seconda domanda non coglie in modo sufficiente il senso delle relazioni fra sublime antico e moderno; quanto alla terza domanda, il candidato mostra una lacunosa conoscenza dei dialoghi platonici relativi alla filosofia del bello.
DESIGNAZIONE DEL VINCITORE
Il giorno 06/11/2008 alle ore 16.03 si riuniscono nei locali del Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dei Processi Culturali e Formativi, via del Parione 11/b, dell'Università degli Studi di Firenze i commissari proff. Fabrizio Desideri, presidente, prof. Salvatore Tedesco, membro, dott. Andrea Pinotti, segretario
per concludere la procedura della valutazione comparativa in epigrafe.
La commissione riesamina i giudizi collegiali sui candidati e, dopo lunga, attenta e approfondita discussione nella quale intervengono ripetutamente tutti i presenti comparando tra di loro tutti i candidati, la commissione delibera all’unanimità vincitore della valutazione comparativa la sig.ra CANTELLI Chiara per le seguenti motivazioni.
La dott.ssa Chiara CANTELLI
1) sicura attitudine alla ricerca scientifica nell’ambito dell’Estetica e capacità di connettere temi e problemi di pertinenza della disciplina sia con questioni storico-filosofiche più generali sia con le problematiche inerenti alle teorie e ai linguaggi dell’arte; 2) padronanza dell’argomentazione, chiarezza espositiva e originalità interpretativa; 3) coerenza del curriculum scientifico-didattico con l’ambito disciplinare dell’estetica.
Alle ore 16.55 termina la seduta. Letto, approvato e sottoscritto
LA COMMISSIONE prof. Fabrizio Desideri, presidente
prof. Salvatore Tedesco, membro dott. Andrea Pinotti, segretario , già in possesso di un curriculum di tutto rilievo tanto dal punto di vista della qualità e continuità della produzione scientifica quanto da quello dell’attività didattica, ha dimostrato - nelle due prove concorsuali scritte ed in quella orale - di essere, tra i candidati presenti, l’unica a possedere tutti i requisiti necessari a ricoprire il ruolo di ricercatore nel settore scientifico disciplinare M-Fil/04 (Estetica). Tali requisiti possono essere così espli
Scritto il 04/08/09 alle 14:09 nella |
Da
Commissario: Andrea Pinotti
Sunday, July 26, 2009
Thursday, July 23, 2009
Sunday, July 19, 2009
Sunday, July 12, 2009
Saturday, July 04, 2009
Se il filosofo «rilegge» il terrorismo
http://archiviostorico.corriere.it/2008/giugno/10/filosofo_rilegge_terrorismo_co_9_080610150.shtml
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Thursday, June 25, 2009
............................. ogni allontanamento dalla transmonade verso la molteplicità equivale a una perdita di perfezione. Epigenesi della bel
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............................. ogni allontanamento dalla transmonade verso la molteplicità equivale a una perdita di perfezione. Epigenesi della bellezza-sublime è l’imprimersi di una forma dell’idea pervasa da sublazione spirituale soprasensibile
tags: ............................., ogni, allontanamento, dalla, transmonade, verso, la, molteplicità, equivale, a, una, perdita, di, perfezione., Epigenesi, della, bellezza-sublime, è, l’imprimersi, forma, dell’idea, pervasa, da, sublazione, spirituale, soprasen, ontologia, dell
- ............................. ogni allontanamento dalla transmonade verso la molteplicità equivale a una perdita di perfezione. Epigenesi della bellezza-sublime è l’imprimersi di una forma dell’idea pervasa da sublazione spirituale soprasensibile o sopraelevatezza transexcelsa o svelatenza del sublime-nella-bellezza. In quel primo trattato Plotino riprende la tematica dell' anagogica della bellezza Platonica ove il progressivo ritorno dell’anima verso la transfera delle idee avviene tramite la contemplanza e sublanza rivolta a forme di bellezza spirituali e immateriali. Platone situa la contemplanza della bellezza in sé, divina e uniforme quale forma della bellezza transevidente e transvisibile nell'ideale della bellezza transvisibile dalla transmente, quale armonia invisibile o transonanza musicale o musica della natura stessa o svelatenza o sublatione della physis o essere estatico-nel-mondo dell'essere. La sublazione o transexcelsa di Leibniz si svela invece nell' essere della transmonade o archemonade quale intenzionalità ontologica-metafisica. Leibniz pensò per primo che nulla c'è senza il sublime matematico o nulla c'è senza il sublime nella bellezza o il sublime nella transmonade. La sublatione transexcelsa si eventua già nella transmonade o archemonade quali singolarità o punti métaphysique, o sublation dei metafisici punti prioritari dell'essere delle transentità. Qualsiasi transentità che è di per sé è costituito come transmonade. Leibniz svelò la sublation excelsa della transelevatezza del sublime nella bellezza, non c'è bellezza senza sublime e non c'è sublime senza bellezza, anzi solo il nulla è senza sublime bellezza. Il sublime è già nella bellezza giacchè la sublation si eventua nella transmonade afenomenica quale transexcelsa transinfinita nell'archemonade,
- Gegestand», non è una cosa, una sostanza o un oggetto ma è data come attuatrice di atti intenzionali nel plesso della transcendenza della singolarità di senso: ogni ente dal modo d’essere difforme dall’esserci va concepito come insensato, per essenza destituito di qualunque senso o c'è solo la transcendenza del senso . La non cosalità dell’esserci-sublime, sia quale matematica infinita sublime, sia quale dinamica estatika sublime è la fondatezza della trascendenza della singolarità anche del suo essere-sublime-spaziale, quasi la kantiana dasein dell'essere-nello-spazio: l’esserci stesso, nel suo essere-nel-mondo, è “spaziale” o dasein-spaziale-sublyme-in-estasy: l’esserci occupa, letteralmente, lo spazio. Non è affatto soltanto sussunto nella porzione spaziale riempita dal suo corpo . La spazialità dell’esserci-sublyme non consiste in un semplice occupare luoghi, ma nell’apertura di senso che si inoltra nella radura sublime illuminandola. Ecco perché l’esserci-sublyme è nel contempo sublime spaziale in senso originario e la dimostrazione che questa spazialità è esistenzialmente possibile solo grazie alla temporalità non può prefiggersi di dedurre lo spazio dal tempo, o di risolverlo in puro tempo. Lì si disvelò la trascendenza quasi ontologica in Kant: un'ontologia, ovvero di una teoria dell'ente o essere dell'ente che dispiegasse la filosofia trascendentale verso la problematica della singolarità in trascendenza dell'ente, della teleologia, dell'esperienza estetica, dell'intersoggettività, la destinanza della trascendenza è al contempo una nuova comprensione epistemica della natura. Il Giudizio è una ragione che si trasforma, individuando la presenza di un carattere "significativo" nell'esperienza della bellezza trascendente o della purezza aderente in natura, ma comprendendola come un'esperienza diversa e non subordinata a quella concettuale, che prima era il paradigma d'ogni significatività quale apriorità epistemica. E' una ragione che scopre un principio d'o
- ............................. ogni allontanamento dalla transmonade verso la molteplicità equivale a una perdita di perfezione. Epigenesi della bellezza-sublime è l’imprimersi di una forma dell’idea pervasa da sublazione spirituale soprasensibile o sopraelevatezza transexcelsa o svelatenza del sublime-nella-bellezza. In quel primo trattato Plotino riprende la tematica dell' anagogica della bellezza Platonica ove il progressivo ritorno dell’anima verso la transfera delle idee avviene tramite la contemplanza e sublanza rivolta a forme di bellezza spirituali e immateriali. Platone situa la contemplanza della bellezza in sé, divina e uniforme quale forma della bellezza transevidente e transvisibile nell'ideale della bellezza transvisibile dalla transmente, quale armonia invisibile o transonanza musicale o musica della natura stessa o svelatenza o sublatione della physis o essere estatico-nel-mondo dell'essere. La sublazione o transexcelsa di Leibniz si svela invece nell' essere della transmonade o archemonade quale intenzionalità ontologica-metafisica. Leibniz pensò per primo che nulla c'è senza il sublime matematico o nulla c'è senza il sublime nella bellezza o il sublime nella transmonade. La sublatione transexcelsa si eventua già nella transmonade o archemonade quali singolarità o punti métaphysique, o sublation dei metafisici punti prioritari dell'essere delle transentità. Qualsiasi transentità che è di per sé è costituito come transmonade. Leibniz svelò la sublation excelsa della transelevatezza del sublime nella bellezza, non c'è bellezza senza sublime e non c'è sublime senza bellezza, anzi solo il nulla è senza sublime bellezza. Il sublime è già nella bellezza giacchè la sublation si eventua nella transmonade afenomenica quale transexcelsa transinfinita nell'archemonade,
- Gegestand», non è una cosa, una sostanza o un oggetto ma è data come attuatrice di atti intenzionali nel plesso della transcendenza della singolarità di senso: ogni ente dal modo d’essere difforme dall’esserci va concepito come insensato, per essenza destituito di qualunque senso o c'è solo la transcendenza del senso . La non cosalità dell’esserci-sublime, sia quale matematica infinita sublime, sia quale dinamica estatika sublime è la fondatezza della trascendenza della singolarità anche del suo essere-sublime-spaziale, quasi la kantiana dasein dell'essere-nello-spazio: l’esserci stesso, nel suo essere-nel-mondo, è “spaziale” o dasein-spaziale-sublyme-in-estasy: l’esserci occupa, letteralmente, lo spazio. Non è affatto soltanto sussunto nella porzione spaziale riempita dal suo corpo . La spazialità dell’esserci-sublyme non consiste in un semplice occupare luoghi, ma nell’apertura di senso che si inoltra nella radura sublime illuminandola. Ecco perché l’esserci-sublyme è nel contempo sublime spaziale in senso originario e la dimostrazione che questa spazialità è esistenzialmente possibile solo grazie alla temporalità non può prefiggersi di dedurre lo spazio dal tempo, o di risolverlo in puro tempo. Lì si disvelò la trascendenza quasi ontologica in Kant: un'ontologia, ovvero di una teoria dell'ente o essere dell'ente che dispiegasse la filosofia trascendentale verso la problematica della singolarità in trascendenza dell'ente, della teleologia, dell'esperienza estetica, dell'intersoggettività, la destinanza della trascendenza è al contempo una nuova comprensione epistemica della natura. Il Giudizio è una ragione che si trasforma, individuando la presenza di un carattere "significativo" nell'esperienza della bellezza trascendente o della purezza aderente in natura, ma comprendendola come un'esperienza diversa e non subordinata a quella concettuale, che prima era il paradigma d'ogni significatività quale apriorità epistemica. E' una ragione che scopre un principio d'o
- ............................. ogni allontanamento dalla transmonade verso la molteplicità equivale a una perdita di perfezione. Epigenesi della bellezza-sublime è l’imprimersi di una forma dell’idea pervasa da sublazione spirituale soprasensibile o sopraelevatezza transexcelsa o svelatenza del sublime-nella-bellezza. In quel primo trattato Plotino riprende la tematica dell' anagogica della bellezza Platonica ove il progressivo ritorno dell’anima verso la transfera delle idee avviene tramite la contemplanza e sublanza rivolta a forme di bellezza spirituali e immateriali. Platone situa la contemplanza della bellezza in sé, divina e uniforme quale forma della bellezza transevidente e transvisibile nell'ideale della bellezza transvisibile dalla transmente, quale armonia invisibile o transonanza musicale o musica della natura stessa o svelatenza o sublatione della physis o essere estatico-nel-mondo dell'essere. La sublazione o transexcelsa di Leibniz si svela invece nell' essere della transmonade o archemonade quale intenzionalità ontologica-metafisica. Leibniz pensò per primo che nulla c'è senza il sublime matematico o nulla c'è senza il sublime nella bellezza o il sublime nella transmonade. La sublatione transexcelsa si eventua già nella transmonade o archemonade quali singolarità o punti métaphysique, o sublation dei metafisici punti prioritari dell'essere delle transentità. Qualsiasi transentità che è di per sé è costituito come transmonade. Leibniz svelò la sublation excelsa della transelevatezza del sublime nella bellezza, non c'è bellezza senza sublime e non c'è sublime senza bellezza, anzi solo il nulla è senza sublime bellezza. Il sublime è già nella bellezza giacchè la sublation si eventua nella transmonade afenomenica quale transexcelsa transinfinita nell'archemonade,
- Gegestand», non è una cosa, una sostanza o un oggetto ma è data come attuatrice di atti intenzionali nel plesso della transcendenza della singolarità di senso: ogni ente dal modo d’essere difforme dall’esserci va concepito come insensato, per essenza destituito di qualunque senso o c'è solo la transcendenza del senso . La non cosalità dell’esserci-sublime, sia quale matematica infinita sublime, sia quale dinamica estatika sublime è la fondatezza della trascendenza della singolarità anche del suo essere-sublime-spaziale, quasi la kantiana dasein dell'essere-nello-spazio: l’esserci stesso, nel suo essere-nel-mondo, è “spaziale” o dasein-spaziale-sublyme-in-estasy: l’esserci occupa, letteralmente, lo spazio. Non è affatto soltanto sussunto nella porzione spaziale riempita dal suo corpo . La spazialità dell’esserci-sublyme non consiste in un semplice occupare luoghi, ma nell’apertura di senso che si inoltra nella radura sublime illuminandola. Ecco perché l’esserci-sublyme è nel contempo sublime spaziale in senso originario e la dimostrazione che questa spazialità è esistenzialmente possibile solo grazie alla temporalità non può prefiggersi di dedurre lo spazio dal tempo, o di risolverlo in puro tempo. Lì si disvelò la trascendenza quasi ontologica in Kant: un'ontologia, ovvero di una teoria dell'ente o essere dell'ente che dispiegasse la filosofia trascendentale verso la problematica della singolarità in trascendenza dell'ente, della teleologia, dell'esperienza estetica, dell'intersoggettività, la destinanza della trascendenza è al contempo una nuova comprensione epistemica della natura. Il Giudizio è una ragione che si trasforma, individuando la presenza di un carattere "significativo" nell'esperienza della bellezza trascendente o della purezza aderente in natura, ma comprendendola come un'esperienza diversa e non subordinata a quella concettuale, che prima era il paradigma d'ogni significatività quale apriorità epistemica. E' una ragione che scopre un principio d'o
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Tuesday, June 23, 2009
Tuesday, June 09, 2009
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/articolo/1338727
vibrano all'unisono
Pur molto lontane, ciascuna di esse funziona come due palline connesse da una molla, che vibrano avanti e indietro in direzioni tra loro opposte NIST) hanno dimostrato la possibilità di produrre e osservare il fenomeno di entanglement – che Einstein definì come una sorta di “azione fantasmatica a distanza” – in un sistema su scala atomica del tutto simile a un sistema meccanico del mondo macroscopico. La ricerca, descritta sull'ultimo numero della rivista “Nature”, amplia le applicazioni di questo tipo di fenomeni, aggiungendo un tassello al difficile mosaico di conoscenze e tecniche che dovrebbero portare un giorno alla costruzione di un computer quantistico funzionante.Università del Colorado e primo autore dell'articolo. “Nessuno sa dove sia il confine tra il mondo quantistico e quello classico: forse possiamo indagare la questione cercando nuovi sistemi che possono o non possono essere preparati in questo modo.”
I fisici del National Institute of Standards and Technology (
L'apparato sperimentale comprende due coppie di ioni vibranti all'unisono anche quando sono separati nello spazio. Ciascuna coppia funziona come due palline connesse da una molla, che vibrano avanti e indietro in direzioni tra loro opposte.
L'entanglement è un peculiare effetto quantistico che lega lo stato di due particelle poste anche a notevole distanza se queste vengono inizialmente preparate in modo opportuno. Poiché la misurazione dello stato quantistico di una delle due fa “precipitare” istantaneamente anche quello della seconda particella, l'effetto viene interpretato anche come un fenomeno di “teletrasporto” dello stato quantistico, e sono ormai numerosi gli esempi di semplici particelle in cui si è riusciti a produrre tale effetto.
“Abbiamo indotto l'entanglement in un sistema in cui non era mai stato osservato, e si tratta di un sistema fisico oscillante che ha un corrispettivo nel mondo macroscopico”, ha spiegato John Jost, studente laureato dell'
in sostanza, Jost e colleghi sono riusciti a imporre l'entanglement al moto vibratorio di due coppie di ioni berillio/magnesio. Ciascuna coppia si comporta come un oscillatore meccanico connes
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Monday, May 18, 2009
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