Oblio dell’essere«oblio dell’essere»fenomenousia dell’essere«oblio dell’essere» «oblio dell’essere»’Essere
Ontologia fainòmenousia dell’essere «cogitousia»« cogitatousia» o «Erlebnisse» è rivelarsi dell’essere «ontologia» dell’essere «ontologia» ontologie «ontologia» dell’essere rivelarsi dell’essere
EssereL’eclissi del Dio vivente c’è C’è ultrafenomenica sovraldilà ultrafenomenica fainòmenousia—essere disvelarsi presenza essere sovrasfericousia essere d'esserci matematicousia sovrafenomenousia fisicousia calcolousia:matematicousia è sovrastruttura matematicousia che fonda o svela essenze o qualità occulte sovRatiousia gravitatis proprietatum ex phaenomenis
nondum potui deducere, et hypotheses non fingo. Quicquid enim
ex phaenomenis non deducitur, hypothesis vocanda est; et
hypotheses, seu mataphysicae, seu physicae, seu qualitatum
occultarum, seu mechanicae, in philosophia experimentali locum
non habent. In hac philosophia propositiones deducuntur ex
phaenomenis et redduntur generales per inductionem. Sic
impenetrabilitas, mobilitas, et impetus corporum, et leges
motuum et gravitatis innotuerunt. Et fatis est quod gravitas
revera existat, et agat secundum leges a nobis expositas, et ad
corporum caelestium et maris nostri motus omnes sufficiat»
(Philosophiae naturalis principia mathematica, Liber III,
Scholium generale).
Boyle applica i medesimi principi alla chimica, la quale pure si limita a
rilevare certi rapporti tra fenomeni, volgendo le spalle alle forze occulte
della vecchia alchimia. A proposito delle caratteristiche misurabili dei corpi
(figura, grandezza, movimento ecc.) che Galilei distingue dalle
caratteristiche non misurabili (odore, sapore, colore ecc.), Boyle è il primo
a chiamarle rispettivamente qualità primarie e qualità secondarie.
È dai fisici inglesi che Locke riprende la distinzione tra qualità primarie
e secondarie ricollegandosi in tal modo a Galileo. D’altra parte egli deriva
da Cartesio la concezione che la conoscenza è, essenzialmente, conoscenza
non di cose ma di idee. L’unico dato sicuro, per Cartesio, è il cogito,
1’esistere della coscienza con i suoi fenomeni come tali: « Poiché...
sebbene le cose che sento ed immagino non siano forse nulla fuori di me ed
in se stesse, io sono tuttavia sicuro che quelle maniere di pensare, che
chiamo sensazioni ed immaginazioni, per il solo fatto che sono modi di
pensare risiedono e si trovano certamente in me » (Meditazioni metafisiche,
III, tr. ital., Bari 1954, p. 37).
Scrive Locke: « Poiché lo spirito, in tutti i suoi pensieri e ragionamenti,
non ha altro oggetto immediato che le sue proprie idee e non contempla né
può contemplare altro che quelle, è evidente che la nostra conoscenza non
verte altro che su esse. La conoscenza, io credo, non è altro che la
percezione della connessione e coincidenza, ovvero della opposizione e
repugnanza tra varie nostre idee. Non in altro che in questo essa consiste.
Dove c’è siffatta percezione, c’è conoscenza, mentre dove non c’è, noi
possiamo fantasticare, congetturare o credere, ma non giungeremo mai a
una vera conoscenza » (Saggio sull’intelletto umano, IV, I, 1-2).
. Con una impostazione così marcatamente fenomenistica, ogni
distinzione tra qualità primarie (oggettive) e secondarie (soggettive) è
destinata a venir meno: si salva, in Locke, solo a spese della coerenza; in
Berkeley e Hume, più conseguenti, verrà meno del tutto.
Già nella critica lockiana dell’idea di sostanza viene rilevata l’arbitrarietà
di ogni nostra affermazione circa la natura di cose, od esseri reali: quelli
che la scienza moderna considerava fenomeni — oggettivabili — di esseri
di natura appaiono, in questo nuovo contesto, meri fenomeni della
coscienza, irrimediabilmente soggettivi. È impossibile uscire dal mondo
chiuso delle nostre idee. L’esistenza di un mondo esterno possiamo
affermarla solo in virtù del principio di causa.
Ma Hume sottoporrà a critica la stessa idea della causalità, rilevando
come essa venga a forma
No comments:
Post a Comment